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Figura di spicco della pittura seicentescamarchigiana, la cui pittura viene sovente paragonata, anche se con toni più tenui, a quella del Caravaggio, di cui subì l'influenza in gioventù, durante il suo periodo formativo trascorso a Roma.
Figlio di Ludovico e Vittoria Draghi, famiglia di condizione agiata, il padre, dottore in legge e notaio, ricoprì svariati incarichi nelle amministrazioni cittadine, sia presso il comune di Fossombrone sia presso altri centri vicini. Per cui Giovan Francesco ricevette una buona istruzione. Proprio nel periodo in cui il padre fu Podestà di Mombaroccio, il figlio realizzò, su commissione del consiglio comunale, le sue prime opere (1602), ovvero uno stendardo (andato perduto) e una tela raffigurante una Madonna con Bambino, ancora conservato nel Municipio del castello[1]. Pochi anni dopo soggiornò a Pesaro, dove entrò in contatto con Giovan Giacomo Pandolfi ed il Trometta, influenzati dallo stile dei fratelli Zuccari e del Barocci, oltre a conoscere la pittura di Andrea Lilli e Andrea Boscoli.
Tra il 1611 ed il 1618, soggiornò a Roma, dove poté formare il proprio stile, entrando in contatto con l'esperienze caravaggesche. Rientrò brevemente nella terra natia (1614 circa), per realizzare le tele per la Cappella di San Nicola di Tolentino nella chiesa di Santa Maria del Ponte in Piano a Sassoferrato, commissionategli da Vittorio Merollo, archiatra di papa Paolo V. Subito dopo averle terminate torna nell'Urbe, per decorare alcune sale di Palazzo Borghese (Il Parnaso, Il trionfo della Religione, Il trionfo delle Scienze e Il trionfo delle Virtù). Rientrò nella sua città natale, dopo aver terminato le opere per i Borghese, ritirandosi a Fossombrone e realizzando opere in ambito essenzialmente locale, guadagnandosi l'appellativo di pittore parrocchiale[1].
Agli inizi degli anni venti, riceve dal Comune di Fossombrone la commissione per realizzare la pala dell'altar maggiore della chiesa di San Filippo. Ricoprì la carica di Anziano nel consiglio comunale di Fossombrone (come già suo padre), nel 1627 e nel 1651.
Sposatosi con Emilia Muzi, dalla quale ebbe sei figlie, di cui la secondogenita, Camilla (1628-64)[2], lo aiutò nella sua attività, soprattutto negli ultimi anni, quando Giovan Francesco fu afflitto da problemi di salute.
Agli inizi degli anni trenta del XVII secolo, il Guerrieri ricevette un'altra importante committenza, da parte della famiglia fanese Petrucci-Manasangue, per decorare la cappella di San Carlo Borromeo nella chiesa di San Pietro in Valle.
Morì a Pesaro, dove visse gli ultimi anni, nella casa della figlia Camilla e di suo marito.
Le sue opere sono tuttora conservate in diversi musei, pinacoteche e chiese della provincia di Pesaro e Urbino. Nella collezione Molinari Pradelli di Bologna c'è una sua Natura morta di fiori e ortaggi. Molto ristretta risulta essere la sua produzione grafica (disegni e incisioni).
Risale al 1997 una personale a lui dedicata ed allestita tra la Corte Alta e la Chiesa di San Filippo della sua città natale, Fossombrone.
Opere principali
Mombaroccio, Municipio, Madonna con Bambino (1602), 96 x 78 cm, olio su tela.
Roma, collezione privata, Santa Maria Maddalena (1611), 185 x 90 cm.[3]
Pesaro, Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro, Giuditta e Oloferne con la fantesca (1620 circa), 128 x 106 cm.
Fossombrone, Chiesa di San Filippo, Madonna con Bambino in gloria con quattro Santi e, in basso, i cinque martiri Aquilino, Gemino, Gelasio, Magno e Donato nell'atto di offrire un modello della chiesa (1621 - 23), 420 x 230 cm.
Fano, Cappella di San Carlo Borromeo nella Chiesa di San Pietro in Valle, La visione di San Carlo Borromeo (1630 - 35 circa), 240 x 155 cm.
Fano, Cappella di San Carlo Borromeo nella Chiesa di San Pietro in Valle, San Carlo Borromeo e il nobile Petrucci in abito di mendico (1630 - 35 circa), 210 x 145 cm.
Fano, Cappella di San Carlo Borromeo nella Chiesa di San Pietro in Valle, Il miracolo del nato cieco (1630 - 35 circa), 120 x 145 cm.
^ Marco Pettinari, Camilla Guerrieri, l'Artemisia di casa nostra, in La Voce Misena. Giornale di informazione locale della diocesi di Senigallia, 9 marzo 2021. URL consultato il 7 settembre 2022.
^Proveniente da una collezione privata di Fossombrone.
^Deposito della Fondazione Cassa di Risparmio di Pesaro.
^In origine nella chiesa di Sant'Agata di Fossombrone.